La magnifica civiltà della preistoria

Se la ricostruzione della misteriosa civiltà diffusa sul continente europeo da oriente a occidente nell’epoca Neolitica (7000-3500 a.C.) fosse fondata, e l’antica Europa fosse proprio come Marija Gimbutas ha ipotizzato sulla base dei documenti raccolti nei suoi studi e scavi, avremmo individuato la realtà storica alla base del cosiddetto mito dell’età dell’oro!
Esiodo nelle Opere e i giorni ci parla di un tempo in cui regnava Cronos e in cui si viveva in pace, godendo dei frutti della terra, senza fatiche e aggressioni… questo idillio si conclude con il furto del fuoco agli Dei da parte di Prometeo… Possiamo considerare l’antica Europa neolitica la realtà storica su cui è stato plasmato il mito, almeno secondo la ricostruzione che ce ne fornisce la Gimbutas in questo saggio, tradotto per la prima volta in italiano, opera centrale in cui l’archeologa raccoglie tutto il materiale disponibile sui popoli europei neolitici, dando un quadro d’insieme e una lettura dei dati in nostro possesso.
L’antica Europa emerge dall’analisi dei resti e dei reperti archeologici come una civiltà che inventa l’agricoltura e la ceramica, forse anche la scrittura, elabora raffinate tradizioni artistiche e architettoniche, fonda le prime città, ha un modello sociale probabilmente egualitario ed è priva di armi e strutture difensive. Quindi mancano i re e l’accumulo di ricchezze nelle mani di pochi, cioè i tratti distintivi di quelle che oggi vengono considerate le prime civiltà umane, dal che si desume che la civiltà per svilupparsi abbia bisogno di un ricco monarca a capo di una facoltosa gerarchia difesa da un esercito. Questa civiltà dell’antica Europa sfugge a tali categorie, è un mondo pacifico di gente che coopera (è qui che nasce il villaggio), in cui probabilmente la società si organizza intorno alle madri e a valori come la fiducia nel prossimo e nelle forze e nei cicli della natura, probabilmente onorati nel suo culto (come appare nell’iconografia presente nelle incisioni sui vasi e nelle decorazioni rupestri). Questo mondo in equilibrio viene improvvisamente destabilizzato, in modo inspiegabile, e scompare pian piano nei ritrovamenti delle età successive. Le ceramiche si impoveriscono, i villaggi si trasferiscono in altura… qualcosa è successo. Probabilmente secondo le ipotesi di Marija Gimbutas sono le ripetute invasioni dei Kurgan, una popolazione nomade proveniente dalle steppe caucasiche, che a cavallo e armati hanno la meglio sulle inermi popolazioni neolitiche europee, pian piano assimilate. Dunque, il furto del fuoco di Prometeo sembrerebbe alludere a queste bellicose popolazioni che ne facevano ampio uso per forgiare i metalli. Gli dei a cui viene sottratto questo fuoco non sono altro che le antiche ed evolutissime popolazioni dell’antica Europa, che custodiscono nei propri forni e focolari un elemento centrale del loro culto, votato però a ideali pacifisti e creativi: la cottura del pane e dei cibi e della ceramica risultano le attività sacre per eccellenza.
Platone riprende il mito esiodeo e sintetizza in questo modo i valori dell’età dell’oro: giustizia, pace e assenza di proprietà. Sono proprio i caratteri fondamentali delle società dell’antica Europa ricostruite dalla Gimbutas.
Nella prima parte si fa una mappatura dei gruppi culturali esistenti, una specie di grande censimento, e nella seconda parte si tenta una trattazione culturale e antropologica generale, soffermandosi in particolare sulla società, sulla religione e sulla cultura approfondendo in modo particolare l’ipotesi dell’esistenza di una scrittura. In italiano per semplificare il lavoro di edizione questa ideale divisione ha preso la forma di due distinti volumi.
Questi gruppi culturali “rivelano una sorprendente varietà di stile, inventiva e immaginazione nelle arti e nell’architettura”. Insieme a Marija Gimbutas e agli accurati disegni e alle fotografie che ci presentano i reperti andiamo in visita da quelle antiche popolazioni, e abbiamo la sensazione di trovarci accanto a loro, ai loro oggetti di uso quotidiano, nei luoghi in cui si trovavano i loro insediamenti, nelle capanne e nelle case anche a più piani in cui abitavano e nei complessi templari, a volte grandiosi, che ci hanno lasciato con tanti muti interrogativi, uno degli esempi più emblematici è quello dei megaliti maltesi e nordeuropei, soprattutto in terra britannica e bretone. Vediamo una ricorrenza di forme dal vasellame all’architettura, come l’onnipresente motivo della spirale, dell’uovo, dell’anello concentrico eccetera. Immaginiamo la ricchezza e complessità dei loro riti, e ci rendiamo conto di quanto la vita quotidiana fosse intessuta in questa dimensione sacra: il tempio si sviluppa intorno al forno del pane e della ceramica.
Nella seconda parte si tenta una descrizione generale dell’organizzazione sociale, culturale, economica e religiosa di questa antica civiltà, esaminando nel capitolo finale l’ipotesi dell’invasione Kurgan che ha messo la parola fine a questo capitolo della storia (o preistoria) europea.
Marija Gimbutas è al tempo stesso studiosa teorica e archeologa impegnata sul campo, in numerosi siti di scavo si è personalmente chinata a terra e si è sporcata le mani, gioendo in modo infantile di ogni nuovo reperto rinvenuto. Il suo amico Colin Renfrew infatti benevolmente la prendeva in giro per la sua grande passione delle statuette, a cui ha dedicato tanta riflessione e studio tentando di decifrare i messaggi di quella lontana e scomparsa civiltà, grazie a cui forse potremo riscrivere la nostra storia e modificare categorie di pensiero consolidate sulla nascita della civiltà…
Per esempio, non solo la guerra e il dominio non sono ingredienti formativi della civiltà dell’antica Europa, ma addirittura in questa civiltà che precede tutte quelle a noi note proponendosi come alternativa ai nostri topoi, il sacro veste abiti femminili… Anche se viviamo in una società secolarizzata, relativista e disincantata, certi tabù sono ancora duri ad essere scalfiti in un patriarcato maturo (e forse ormai sfatto) come il nostro. Una Dea che è donna in contatto sia con la natura che con il cielo? Una Dea madre che è anche signora dei cicli di morte e trasformazione? E qui la discussione in ambito accademico si è arenato, trovando approdo in ambiti piuttosto eterodossi… forse è ora di andare a conoscere o ri-conoscere le nostre radici europee!
Scommettiamo che Cronos, il re dell’età dell’oro, era una regina?

Mariagrazia Pelaia

Pubblicato su  http://www.stampalternativa.it/wordpress/2012/08/31/la-magnifica-civilta-della-preistoria/