A 20 anni dalla scomparsa di Marija Gimbutas

A 20  anni dalla scomparsa di Marija Gimbutas si tornerà a Parlare della civiltà dell’ Antica Europa? 

Non è facile commemorare un personaggio controverso, discusso e in parte oggi caduto nell’oblio come Marija Gimbutas. Non tutti sono infatti d’accordo sulla sua importanza nella revisione del passato della civiltà umana. Eppure la sua scoperta dell’antica Europa neolitica affascina ancora oggi: una civiltà che ha preceduto la nostra, che quindi non è l’unica come finora abbiamo presuntuosamente ritenuto. E oggi si propone come una delle poche possibilità di speranza per tentare un cambio di paradigma.

Fra 7000 e 3500 avanti Cristo, l’età Neolitica, in un territorio che va dal Baltico alla penisola iberica, dalle isole britanniche al Mediterraneo, una civiltà pacifica, matrilineare, con un forte senso del sacro e un grande rispetto della natura, ha dato vita a un modello di società creativo con alti risultati e progressi come la nascita dell’agricoltura e della ceramica. Una società in equilibrio con l’ambiente naturale e rispettosa dei generi e delle diverse generazioni. Una società in cui il sacro riveste lineamenti femminili, una grande Dea che è la stessa natura e l’intero cosmo, in un meraviglioso sincronismo che veniva venerato da grandi attività rituali e grandi impegni architettonici come i resti delle strutture megalitiche risalenti a questo periodo testimoniano.

Marija Gimbutas ha raccolto un imponente materiale documentario, fatto di reperti, statuette, datazioni al radiocarbonio nella sua carriera prima di traduttrice a Harvard e poi di docente all’UCLA. E questo le è stato riconosciuto dal mondo accademico, che la considerava un’autorità nel campo dell’archeologia neolitica dell’Europa orientale. Gli indoeuropeisti hanno accolto la sua ricostruzione delle invasioni Kurgan che hanno portato alla fine di questa civiltà come quella più convincente per spiegare la diffusione della nuova cultura protoindoeuropea, che ha sostituito un substrato autoctono. Tracce di questo rimangono nelle varie lingue europee.

Quello che è stato più contestato è l’interpretazione del suo materiale. L’archeologia accademica attuale rifiuta di trarre dati sulla religione e sul sacro che non derivino espressamente da fonti scritte. L’ampliamento degli strumenti di indagine nella sfera mitico-simbolica ha portato Marija Gimbutas a fondare una nuova materia interdisciplinare denominata archeomitologia. Joseph Campbell ha affermato che avrebbe riscritto The Masks of God (1959-68) se gli fosse stata nota l’opera della Gimbutas.

Come conclude Ernestine Elster in un articolo pubblicato sul numero di marzo 2013 di “Prometeo” (Le nuove scoperte dell’archeologia neolitica), è qui che gli studiosi sono attesi per una attenta disamina, superando l’aprioristico rifiuto del passato. In questo anniversario speriamo si riapra di nuovo una possibilità di dialogo fra questa grande studiosa e gli studiosi di oggi, in particolare archeologi, archeoastronomi e studiosi della preistoria, nell’interesse comune di un ampliamento delle nostre prospettive sul più antico passato, per avviarci con maggiore consapevolezza verso il futuro in un momento così critico per la storia del nostro pianeta, o meglio per la storia della specie umana su questo pianeta.

Mariagrazia Pelaia

2 febbraio 2014

Pubblicato su  http://www.stampalternativa.it/wordpress/la-civilta-della-dea/