25 novembre 2020

https://youtu.be/_XydE8Db8XY
Questa pandemia, oltre tutte le tragedie che si trascina dietro, ha un grande merito, mette in luce (una luce led fredda e cruda) tutte le disuguaglianze sociali che il capitalismo ha prodotto in questi secoli e il patriarcato ha generato in 4 millenni.
Uno dei sintomi che questo sistema socio-culturale ed economico porta con sé è l’invisibilità delle donne.
Noi donne magicamente scompariamo “puff” quando si parla di equanimità di diritti e di meriti, veniamo cancellate da una spugna per i piatti.
Parità di salario? Equo carico nei lavori domestici? Declinazione al femminile della professione svolta? Stesse opportunità di studio e carriera? Sciaff, sciaff, cancellate. Scompariamo nelle sale parto, dove siamo troppo spesso sottoposte a posizioni che non aiutano le spinte, scompare il colore nel nostro sangue, scompare la parola (se svolgiamo un ruolo di cura poi, diventiamo proprio asessuate), scompaiono i nostro orgasmi, scompare l’amore tra donne. Scompare il diritto di dire no, il diritto di dire basta, il diritto di contare.
Scompariamo quando non vengono riconosciuti i nostri talenti, quando vengono cancellati i nostri nomi dalle ricerche scientifiche, scompaiono proprio i nostri nomi, quelli delle nostre madri, delle nostre nonne dagli alberi genealogici di famiglia perché solo il cognome del padre rimane. Come se non fossimo noi a generare, noi che per secoli siamo state considerate poco più di giumente.
Continuiamo? Perché da dire ce n’è davvero tanto. In fondo sono millenni di soprusi.
Ri-compariamo nei fatti di cronaca, quando veniamo drogate, stuprate, uccise, già due donne sono morte da stamattina che è la Giornata Internazionale contro la violenza maschile sulle donne. Due.
Ri-compariamo nei titoli di giornale come vittime colpevoli, perché, dai, si sa che ce la siamo cercata la violenza, la morte, sempre.
Ri-compariamo come corpi in 2D da scambiare come figurine con gli amici del calcetto.
Ri-compariamo per essere giudicate per come siamo vestite, per quanto abbiamo bevuto, perché abbiamo detto prima si e poi no, o abbiamo detto no troppo piano, perché abbiamo guardato un istante di più, perché troppo grasse o troppo magre, perché eravamo lì, in camera, in cucina, in auto, per strada, nel taxi, in un’aula, in un cesso, nel bar, in spiaggia, in discoteca.
Ri-compariamo distorte da sguardi misogini, ricompariamo spezzettate da mani padrone.
Perché è nostro marito, nostro padre, nostro compagno, nostro amico, il nostro professore, perché siamo ingenue, perché siamo sole, a casa, per strada, perché vogliamo essere libere.
Libere di essere come ci pare, libere di amare, libere di scegliere, libere di VIVERE.
Eppure siamo ancora qui, nonostante tutto. Ri-compariamo anzi re-esistiamo, insieme. Con coraggio, con forza, con rabbia, con tenacia, con arguzia, con passione, con il corpo, con la voce,
con i gesti. Noi siamo qui, insieme, ancora, ancora, ancora.