Lo studio della Dea

LO STUDIO DELLA DEA

A Bologna all’interno dell’Associazione Armonie abbiamo cominciato seriamente a studiare la dea quando abbiamo conosciuto Marija Gimbutas e le sue affascinanti teorie, leggendo il suo libro “Il linguaggio della dea”. Prima alcune di noi si erano avvicinate ad autori che in qualche modo sostenevano l’ipotesi di un matriarcato in tempi preistorici. Forse Bachofen era stato il primo. Ma poi avevamo incontrato Morgan, Engels, Malinowski, Fromm, Galli e altri che adesso probabilmente mi sfuggono.  Poi finalmente abbiamo conosciuto Graves e con lui le cose hanno cominciano a cambiare, perché lui le prove le ha trovate, non quelle solide nei fatti e nei reperti. Graves trova nei miti greci le prove dell’esistenza in Grecia in periodo pre-ellenico di una società matrifocale incentrata sul culto della dea che verrà poi distrutta dalle invasione indoeuropee, di popoli che adoravano una trinità maschile, Indra, Mitra e Varuna.

Ma si continua a studiare, a discutere senza troppo metodo, potrei dire senza obbiettivi precisi. L’esistenza in passato di una società non sessista rappresenta soprattutto un’ipotesi consolatoria, un dolce vagheggiamento contro le botte troppo dure che il patriarcato continua ad infliggerci.

Con l’irruzione di Marija Gimbutas le cose cambiano radicalmente. Il suo libro getta lo scompiglio in una parte del movimento delle donne. Marija ha trovato le prove e ha trovato la chiave per interpretarle grazie ai suoi studi estesi e approfonditi sui miti e sul folclore europei. L’assenza di armi, di fortificazioni nei siti neolitici dove lei va a scavare viene interpretata come il segno di una società pacifica.  Le tombe che scopre, sostanzialmente uguali, per lo meno come ricchezza, vengono interpretate come segno di una società egualitaria e non gerarchizzata. La presenza di tantissime piccole statue raffiguranti donne, molte delle quali con seni, ventri, natiche e triangoli pubici molto enfatizzati viene interpretata come il segno di un culto femminile che ha come simboli la nascita, la crescita e la rigenerazione, e quindi di una società non sessista, anzi decisamente ginocentrica.  I vasi, i piatti e tutti i reperti in genere sono molto belli, frutto di tecniche avanzate, esprimono un simbolismo raffinato che alcuni interpreteranno come la prima forma di scrittura. Dunque il matriarcato non è la società selvaggia e caotica di cui Bachofen parlava.

Si inventa l’agricoltura, la ceramica, la tessitura e forse anche la scrittura.

Marija per definire questa società preferisce usare una parola già coniata da Riane Eisler, gilania che significa sostanzialmente parità dei sessi e non esclusione della donna dall’amministrazione del culto e dalla gestione della cosa pubblica. E’ un pezzo della nostra storia che appare. Frutto di questo incontro tra Marija e noi donne delle Armonie è il convegno del 2000.  Non solo, cominciamo a questo punto a lavorare con metodo.  Il matriarcato o meglio la gilania non rappresenta più soltanto un sogno da cui trarre forza e conforto, ma rappresenta la prima tranche della storia al femminile.

Il femminismo anni ’70 si era occupato del movimento delle streghe e del loro sterminio (La strega del Michelet, Le streghe siamo noi, etc). Spesso ci eravamo identificate in esse, perché come loro anche noi facevamo la danza in tondo, i nostri girotondi in piazza, perché ci vestivamo un po’ come loro, perché ci curavamo con le erbe, perché anche fra noi si cominciava a parlare di magia. Ma è stato l’incontro con Michela Zucca a consentirci di inserire in maniera organizzata nella nostra ricerca anche lo studio delle streghe, del come e del perché sono state annientate (non del tutto, però).

A quel punto il progetto di Armonie acquista maggiore respiro: vogliamo riscrivere tutta la storia delle donne, di tutti i movimenti antagonisti cui hanno dato vita, eliminando censure, menzogne, false interpretazioni che millenni di patriarcato hanno messo in campo.  Nasce così il secondo convegno che abbiamo organizzato. Si parte dalla dea e si arriva al femminismo degli anni ’70, passando per le religioni pagane, il cristianesimo, le eretiche, le streghe e le odierne wicca.  Tra l’altro questo convegno è molto importante, perché si svolge mentre infuria il dibattito sulle radici cristiane nella cultura europea. Quindi anche noi diciamo il nostro parere, illustrando i metodi violenti e crudeli con cui spesso il cristianesimo si è affermato.

Sulla nostra strada incontriamo purtroppo molte difficoltà. I libri in inglese raramente vengono tradotti in italiano, il libro della Gimbutas è fuori catalogo da anni e, nonostante le richieste, non si parla di una ristampa.  Noi cerchiamo di favorire gli incontri tra autrici straniere, editrici e traduttrici.  Da questo lavoro nasce un terzo convegno, come gli altri in collaborazione con la Provincia di Bologna, dove presentiamo oltre al libro di Luciana Percovich, “La Coscienza nel Corpo”, due libri di autrici americane, “Quintessenza” di Mary Daly e “La Dea Doppia” di Vicki Noble, la cui uscita tradotti in italiano è frutto anche del nostro impegno.

Anche lo studio delle permanenze non è molto facile a Bologna, sicuramente più difficile che qui a Trento. Non a caso qui esiste un centro organizzato come questo, non a caso molte delle studiose di stregheria vengono da queste parti. Qui il ricordo, le tracce resistono di più.  Le tradizioni si mantengono più a lungo e il lavoro di ricerca è più facile. La montagna protegge e custodisce. Qui si possono ancora trovare pietre della fecondità, sorgenti miracolose, grotte misteriose, insomma qui si trovano ancora forti tracce dell’antico culto. Nella pianura Padana la coltura intensiva, l’industrializzazione e l’urbanizzazione hanno fatto piazza pulita di tutto.  Forse qualcosa è rimasto soprattutto nel linguaggio. Dalle mie parti, nella bassa bolognese si dice ancora in dialetto: “Non sono mica nato la notte in cui si scuote la canapa”. Si dovrebbe dire per esattezza che non si è stati concepiti in quella notte e con questo si vuole sottolineare la certezza del proprio padre. Si deduce quindi che in quella notte i contadini, inebriati dalla canapa, si abbandonassero a feste orgiastiche che mettevano appunto in dubbio la certezza della paternità di chi era stato concepito durante quella festa. E’ il ricordo di un sabba? Forse sì.

Per il momento il nostro è ancora un lavoro di nicchia. Per questo abbiamo riscoperto il nomadismo degli anni ’70 e ci muoviamo in tante tra Bologna, Trento, Modena, Triora, Pescara etc. Tuttavia un creativo che lavora per la pubblicità vicino a Bologna ha intenzione di utilizzare le immagini della dea del neolitico. Qualcuna potrebbe anche trovare obiezioni, ma a me piace molto l’idea che finalmente potremo vedere in un cartellone pubblicitario o in uno spot l’immagine di una donna nuda che invece di farci vivere il nostro corpo come osceno o inadeguato, ci ricorderà la sua sacralità.

Spesso il nostro lavoro viene deriso o ignorato dalla cultura accademica, dalla cultura ufficiale, le stesse che in passato hanno deriso suffragette e femministe degli anni ’70. Quindi la cosa non ci fa molto effetto, siamo abituate alla loro scarsa lungimiranza. Ci preoccupa invece l’incomprensione da parte di tante donne con cui abbiamo condiviso e continuiamo a condividere battaglie importanti. Per molte purtroppo lo studio della dea è un modo per sfuggire ad un presente molto duro, trovando conforto in un passato lontano.  Noi invece siamo convinte che riscoprire la storia delle donne, delle nostre lotte, delle nostre vittorie e delle nostre sconfitte sia la strada buona per ricostruire la nostra integrità, la nostra identità senza le quali è difficile pensare di poter distruggere il patriarcato.

Su questo argomento è inutile che mi dilunghi in spiegazioni. In questo convegno si parla anche di turismo sacro, qui si lavora perché il senso del collettivo, di appartenenza ad un paese o a una regione, nasca intorno ad un megalite, ad una sorgente, a una tradizione, a un ricordo antico. E in questa maniera si riesce a frenare lo spopolamento delle montagne, anzi a ripopolarle.  Del resto anche Roma, quando si apprestava a diventare una grande potenza imperiale, trovò la forza anche in Virgilio che ne cantava le origini divine.

E’ evidente che gli obbiettivi delle Armonie sono diversi da quelli degli antichi Romani. Vogliamo trovare una sorellanza non solo orizzontale, cioè tra contemporanee, ma anche una sorellanza verticale, fatta di rapporti stretti e profondi con le nostre antenate ribelli che ci diano sempre più forza.

Ma non è tutto qui. Studiare la dea ci ha aperto anche molte strade, ha avuto importanti ricadute sia a livello politico, sia a livello culturale.  Finora le donne di scienza si sono limitate ad accusare la scienza di essere fatta quasi esclusivamente da uomini e di essere patriarcale. La si accusa di avere un rapporto con la natura basato soltanto sullo sfruttamento delle sue risorse (non dimentichiamo che tra le risorse ci sono anche i corpi delle donne e degli uomini) e di avere interrotto qualsiasi altro rapporto con la natura nel XVI e XVII secolo, con la nascita della scienza moderna.

Noi, con i nostri studi, possiamo dire qualcosa in più. Prima di tutto possiamo dire che la scienza moderna nasce alla luce dei roghi che all’epoca incendiavano tutta Europa e questi roghi non distruggevano ferocemente soltanto (si fa per dire) le avanguardie di un movimento antagonista o le sacerdotesse di antichi culti che si rifacevano al sacro femminile. Questi roghi distrussero anche un’antica cultura che vedeva legami tra il corpo e la mente, tra gli individui, fra terra e cielo, tra uomo e natura, tra pensiero razionale e pensiero magico.  La res extensa di Cartesio è completamente dominata dalla res cogitans, quindi l’uomo domina la natura che comprende anche il suo stesso corpo. Hobbes sostiene che “homo homini lupus”, l’universo è una macchina governata da leggi esterne per Newton, Bacone vede nella natura solo risorse da sfruttare. E allora non basta chiedere quote rosa nei laboratori e nelle università. Si tratta di recuperare il pensiero magico, ripulirlo da tutte le incrostazioni che la sua marginalizzazione ha prodotto e porlo accanto al pensiero razionale, non come opposto ma come complemento. La dea compone gli opposti. A differenza dei tre dei monoteisti, la dea non ha bisogno del diavolo come antagonista. E’ lei, lei sola, la dea della vita e della morte.

Non siamo perciò alla ricerca dell’antichissimo rito o dell’arcana formula magica. Siamo alla ricerca di una sinergia fra pensiero magico e pensiero razionale che possa ricostruire quei cordoni ombelicali che la scienza moderna ha tagliato.

Non si è trattato di un taglio definitivo, perché qualcosa si muove ancora in quella direzione. Noi continuiamo a fare ricerca sul pensiero magico, cogliendone l’aspetto analogico e quello intuitivo. Gli scienziati che si occupano di fisica subatomica, mettono in crisi non solo le leggi di Newton ma anche tutta la scienza moderna in generale. In un libro famoso di circa trent’anni fa, “Il Tao della Fisica” di F. Capra, di fronte alle scoperte sconvolgenti della fisica quantistica, l’autore cerca un sostegno concettuale nelle filosofie orientali e nel misticismo. Sono certa che se i nostri studi progrediranno, anche la magia delle streghe, le guarigioni delle sciamane, la spirale della dea diventeranno un punto di riferimento per le scienziate e gli scienziati che vogliono cambiare.

Durante il nostro ultimo convegno, circa un mese fa, Vicki Noble, guaritrice oltre che scrittrice, ha dichiarato che tra una sciamana e una schizofrenica ci sono molti punti di contatto. L’ambiente fa la differenza.  Ma anche la conoscenza personale. Una donna che vede ciò che altri non vedono, che sente ciò che altri non sentono, che s’imbatte continuamente in segni o sogni rivelatori può precipitare in un abisso di sofferenza e di follia se la sua cultura le suggerisce che questi ne sono proprio i sintomi. Ma noi sappiamo che questi fenomeni rappresentano, per chi possiede gli strumenti culturali necessari, esperienze forti e significative che si possono poi tradurre in una crescita personale e nell’acquisizione di poteri come ad esempio quelli sciamanici.

Non abbiamo ancora traguardi acquisiti, ma ci siamo aperte delle strade di ricerca che riusciremo a percorrere con l’aiuto di tutte le dee che conosciamo e di quelle che avremo la fortuna di incontrare.

Per quel che riguarda le ricadute sul privato preferirei parlare esclusivamente a titolo personale. Nei miei studi ho trovato una frase di Riane Eisler tratta da “Il Piacere è Sacro” che per certi versi mi ha cambiato la vita : “Candele, fiori, musica e vino: di questo, lo sappiamo bene, sono fatti l’amore romantico, il sesso, l’amore. Ma candele, fiori, musica e vino sono pure la materia di cui sono fatti il rituale religioso, i nostri riti più sacri”. Ecco, sesso sacro, è la strada buona. Ci siamo a volte perse in contrapposizioni fra orgasmo vaginale e orgasmo clitorideo, fra sesso hard e coccole, tra preliminari e penetrazione, tra passioni brevi e violente e amori dolci e duraturi. Ripeto, sesso sacro, corpi che si adorano a vicenda, questa secondo me è l’unica cosa importante.

Sandra Schiassi

*Tratto da “Matriarcato e Montagna 6: Atti del convegno dicembre 2005, a cura di Michela Zucca, Centro di Ecologia Alpina, Trento 2007